main freund

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100 x 80 x 8 (è proprio ubrian)
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Nel bel saggio Ultime tendenze nell’arte d’oggi, Gillo Dorfles affermava che l’Informale non dovrebbe avere bisogno di alcuna spiegazione, giacché «“informale” significa appunto contrario ad ogni forma, opposto di ogni volontà formativa, ribellione ad ogni precostituita e razionale strutturazione. Sicché “informale” era tutta quella pittura che si valeva del colore quanto meno possibile arginato da schemi, da diaframmi, da tralicci compositivi». La ricerca aperta dall’Informale negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento non smette di impartire insegnamenti, soprattutto a quella generazione di giovani artisti che si misura con il mestiere del dipingere. E dalla meditazione sulle lezioni dell’Informale dimostra di aver preso le mosse anche la pittura di Luca Armellini: la sua materia è ricca, vibrante, sia dal punto di vista del colore, sia da quello degli “inserti” – fili metallici, sabbia, tessuto – che trapuntano le superfici dei dipinti. Un po’ di Burri, un po’ di Fontana, un po’ d’equilibrio formale orientale e, forse, uno sguardo lanciato verso la pittura divertente della Transavanguardia (la scenetta inserita in Wake up II): sembra che queste siano le componenti più evidenti di una pittura fatta quasi per gioco, che emerge con naturale leggerezza dalle tele. Pare anche che il denominatore comune tra le opere – da Collezione Burtet-Fabris a Superficiale, da Marmo dei sapori a Vero ladro di rondini – sia la costante ricerca dell’equilibrio ottenuto ora ricorrendo alla superficie crettata che si allarga come una ragnatela, ora ai segni presi in prestito dall’incisione. Si tratta di lavori in cui si sente il piacere di una ricerca quasi giocosa, condotta all’insegna della creatività che osserva, compone, scompone e distrugge la forma per farla nascere a nuova vita: e la forma trova senso, respira di nuovo.
C’è poi la piccola serie - serie non creata dall’artista, ma a chi scrive pare essere tale - delle opere che si vorrebbero chiamare anatomiche: Schiena, Cucire gli animali, Box, Standard frame, nelle quali è costante la presenza delle cuciture: segni di una manualità che richiama la sapienza artigianale di un tessitore ma anche cicatrici che rinsaldano la forma che l’autore ha simbolicamente rotto in fase di ricerca. L’opera, allora, diviene non solo frutto di creazione, ma di creazione continua, sempre nuova.
Il pittore, demiurgo, crea e distrugge. Distrugge e crea.

Chiara Giacomello
(storico dell'arte)

ash to ash

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160 x 110 mi pare

pregnant-z

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60x80 circa e su tela mi raccomando

le cose non sono le cose

le cose non sono le cose
90x70